Quattro a Verbania

(…) Radino compie l’operazione esattamente opposta. Sempre mediante quell’atteggiamento di agguato che ho prima suggerito, fa in modo che l’immagine diventi completamente priva di tempo, L’istante tanto aspettato sarà irripetibile, proprio perché la realtà si muoverà immediatamente, così come si muoveva prima di essere ritratta. La staticità delle figure, dunque, è una staticità tutta relativa alla fotografia, ma presuppone che i suoi soggetti non ricompaiano mai due volte nello stesso punto: una fotografia che potremmo chiamare “eraclitea”.

(…) In Radino, infatti, c’è l’idea del caso che diventa regola per mano del fotografo che sta in agguato. Gli oggetti del mondo si mettono in scena impercettibilmente e inconsapevolmente: è l’autore che ha in mano i fili della scelta medesima, cioè lo spazio fotografico. (…)

 

Omar Calabrese, per il volume “Quattro a Verbania per non parlar del lago” , fotografie di Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Francesco Radino, Natale Zoppis, Electa, 1983

 

Quattro a Verbania
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