Ogni narrazione – da quella storica degli Alinari, fino ai linguaggi contemporanei – ha come fine ultimo quello di dare testimonianza del proprio tempo. Nel caso di questo viaggio fotografico la narrazione muove per metafore, per balzi concettuali, per assonanze o dissonanze, come in ogni percorso metastorico.
L’immagine, per sua natura, mostra ma non svela, anzi sottomette il mondo alla sua logica, sottraendo o restituendo significato alle cose, proponendo un orizzonte dove la memoria si confonde e il narratore stesso, talvolta, si smarrisce. Per ritrovare la via ho voluto che queste immagini “prendessero corpo” insieme al mio corpo o a quello di altri compagni d’avventura, attori di questa rappresentazione che affonda le sue radici nel mistero dell’esistenza stessa degli uomini.
Desideravo che fossimo tutt’uno: luoghi, sguardi, pensieri, presenza fisica e mentale, sensibilità, nostalgia, ricordo.
In questo viaggio nelle terre d’ombra fra le Vie Cave di Sovana – percorso rituale dei nostri antichi progenitori – prendo coscienza dell’instabilità direzionale del destino e dell’imminente rovina che accompagna la vita di ogni essere, della coincidenza fra presente e passato, ove il tempo precipita, perde direzione e sostanza, e dunque cessa, ancor prima di cominciare.
Francesco Radino, per il catalogo della mostra Dalla Fotografia d’Arte all’Arte della Fotografia, per Alinari, a cura di Fabio Castelli, Centro Internazionale di Fotografia, Scavi Scaligeri, Verona, 2009